Stringiamoci forte!

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La Campagna Focsiv in sostegno del Paese

Sono passate alcune settimane dal forte sisma che ha scosso il Paese ma l’esperienza della terra che trema sotto i piedi, provocata da quella spietata scossa magnitudo 7.8, è ancora viva in me, come credo lo sia per la maggior parte di coloro che hanno avvertito il sisma. Ma mentre in noi il ricordo è fortissimo, e ancora di più la consapevolezza che nelle zone colpite la situazione rimane drammatica, invece i giornali e i social piano piano si stanno dimenticando di questa “ferita” nel bel mezzo del mondo…

Il giorno del terremoto, ho sentito una strana vibrazione sotto i miei piedi, e poi un’altra, e un’altra ancora. La vibrazione presto si è trasforma in una scossa e ho visto le porte di casa sbattere come se un forte vento fosse entrato dalla finestra e ora stesse giocando con i mobili, facendoli oscillare pericolosamente. Penso che sia entrato in casa qualcuno…Ma non è così, e me ne rendo conto quando il pallet su cui ho costruito un piccolo orto verticale si inclina verso il parquet e i vasi cadono spargendo terra ovunque. I miei pensieri si ghiacciano, non riesco a fare altro che correre alla finestra per capire cosa sta succedendo. Vedo decine di persone che scendono dalle case circostanti e si riversano in strada. Lascio la mia casa e mi mischio tra la gente: arrivano voci confuse, gridi di paura…Una signora, padrona della tiendita sotto casa, mi abbraccia e mi dice “il peggio è passato..”. Presto però mi rendo conto che la vera scossa distruttiva ha colpito la costa e così un’idea mi paralizza. I miei amici e compagni di progetto erano andati verso Mompiche, esattamente sulla costa, per il finesettimana. E così inizia una spirale di telefonate verso le aree colpite per capire se loro sono salvi, ma il sovraccarico delle comunicazioni rende impossibile contattarli. Più tardi vengo rassicurata che stanno bene, ma un mio amico argentino che si trovava a casa con me al momento della scossa purtroppo riceve la notizia che un suo caro amico è rimasto coinvolto nel crollo di un ostello e così per lui inizia un viaggio interminabile e disperato, contro il tempo, nel tentativo di raggiungerlo prima che sia troppo tardi.

Passato il terrore di quell’istante, attraverso i giornali online e i social, il passaparola e i racconti degli amici dalla costa, inizio a rendermi conto del’entità del terremoto. Villaggi distrutti, vittime che aumentano ogni minuto e servizi basici interrotti. Nei giorni successivi al sisma, la società civile si attiva con grande determinazione per aiutare le zone colpite: partono carovane di aiuti umanitari dirette verso la costa, centinaia di volontari raggiungono l’area, le squadre di soccorso da varie parti del Paese e dai paesi vicini lavorano senza sosta per riportare alla luce i corpi intrappolati sotto le macerie. Purtroppo, oltre a un grande senso di solidarietà regna anche il caos: i volontari sprovveduti “al fronte” rischiano di creare più intralcio che supporto, rimangono coinvolti in violenze, epidemie, e pesano sui servizi già scarsi. Sui social girano informazioni false che dirottano gli aiuti dove invece non è necessario. Noi come Volontari FOCSIV decidiamo di agire per ora dalle nostre città, dove si sono attivate varie realtà di supporto alla preparazione degli aiuti umanitari.

Volontari intenti nella preparazione degli aiuti umanitari al vecchio aereoporto
Volontari intenti nella preparazione degli aiuti umanitari al vecchio aereoporto

In particolare, io avevo compilato un formulario ufficiale del Ministerio de Inclusión Económica y Social, in cui manifestavo la mia volontà di aiutare da Quito. Un po’ inaspettatamente, pochi giorni dopo, mi arriva la chiamata del Ministero che mi chiede di essere presente nel “coordinamento” aiuti umanitari presso l’antico aeroporto della città. Premesso che nel settore umanitario io non ho alcuna esperienza, mi sono trovata catapultata sul campo, un cartellino al collo con scritto “MIES” e assolutamente nessuna formazione su come si prepara un kit umanitario. Ma mi sono fatta animo quando ho visto gli occhi pieni di voglia di aiutare delle persone che affluivano alla zona, chi portando cibo e coperte, chi un materasso, chi a mani vuote ma con tanta determinazione e solidarietà nel cuore. Presto sono riuscita, con un paio di altri “coordinatori”, a definire cosa doveva necessariamente essere inserito in ogni pacco umanitario diretto verso la costa: per ogni nucleo familiare considerato di quattro persone, due scatolette di tonno, un pacco di riso, uno di zucchero, e così via.. Abbiamo affisso un bel cartello sul muro che indicava con esattezza le quantità di ogni bene da inserire negli scatoloni. Ma ovviamente la pianificazione è durata poco: presto c’erano alimenti in eccesso e altri che mancavano. Abbiamo dovuto prendere la decisione che i kit si potevano inviare anche se incompleti, e dentro di me pensavo a quelle famiglie che non avrebbero ricevuto il latte in polvere per i loro bambini, che non avrebbero avuto la carta igienica…

Messaggi di conforto diretti alle vittime
Messaggi di conforto diretti alle vittime

Era bello vedere tutte quelle persone chine sui cumuli di aiuti, quel nastro giallo sulla quale avevamo indicato le varie “postazioni alimenti” che piano piano si affollava di gruppi di lavoro, chi scriveva sui beni “donación” (purtroppo necessario per evitare la rivendita), chi ci aggiungeva una parola di conforto. E mentre preparavo casse su casse di viveri, medicinali, coperte, fianco a fianco ai cittadini ecuadoriani, sentivo di condividere con loro la sofferenza per le vittime ma anche il coraggio di voltare pagina…e avrei avuto voglia di abbracciarli tutti, di farci forza a vicenda per non lasciare che questo spirito di aiuto svanisca con il passare dei giorni.

Rescatistas si abbracciano prima di affrontare le macerie..

Proprio qualche giorno fa ho visto la foto di dei rescatistas che si abbracciavano prima di affrontare le ennesime macerie. E ho pensato che dovremmo imparare da loro. La Secretaría General de Gestión de Riesgos del Paese ci informa che sono 41 i corpi di pompieri mobilitati per l’emergenza, per un totale di circa 1.046 rescatistas, che si aggiungono ad altri 925 corpi internazionali. Ma credo che queste cifre non riescano a trasmettere quello che invece suscita in me quest’immagine. Il “supereroe” che ammette di essere umano, che ha bisogno del calore e dell’appoggio dei suoi compagni prima di andare alla ricerca di un corpo schiacciato dal crollo di un edificio. Dobbiamo ammettere anche noi di avere paura, davanti a una catastrofe naturale così distruttiva non si può non averla…ma stringendoci forte, facendoci forza a vicenda possiamo vincere questa paura, e veramente essere capaci di aiutare, e non solo ora, ma anche in un secondo tempo, nella ricostruzione fisica, economica e umana del domani.

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