Sta piovendo nel Sertão. Erano sei mesi che non vedevo pioggia così sottile e profumata di fresco. Sei mesi senza aver paura di stendere i panni e ritrovarli bagnati, senza preoccuparmi di dimenticare l’ombrello o con il timore di svegliarmi la mattina e scoprire tristemente che sta diluviando.
I Crateuensi si sono resi conti che stava arrivando la pioggia già da ieri all’ora del tramonto. Camminavo per le strade di Crateús, in un normale pomeriggio domenicale, ma sentivo che nell’aria c’era qualcosa di diverso… notavo i bambini ascoltare i nonni e guardare l’orizzonte, le signore ritirare il bucato steso, i ragazzi parcheggiare le moto in casa. Non capivo cosa fosse, ma sentivo una vibrazione differente, percepivo nella gente l’emozione di quando il nostro cantante preferito arriva in città o come quando la persona che amiamo torna dopo una lunga assenza. Non ci ho fatto caso e ho continuato a camminare verso casa, sotto gli occhi curiosi degli abitanti della Rua Frei Vidal da Penha, che in questi sei mesi mi hanno accompagnato con lo sguardo, e con un sorriso.
Sto prestando servizio civile in Brasile come casco bianco, collaborando nelle attività che CISV (Comunità, Impegno, Servizio, Volontariato) realizza insieme alla Caritas Diocesana di Crateús, in rafforzamento al progetto Pescadoras e Pescadores, Construindo o Bem Viver, con il Conselho Pastoral dos Pescadores e l’aiuto finanziario dell´Unione Europea e della Conferenza Episcopale Italiana.
Il progetto lavora con persone che fino a pochi anni fa erano completamenti invisibili agli occhi delle comunità e delle istituzioni che gli circondano, dato che per chi vive in una regione dove non si parla d’altro che di siccità è difficile credere che ci siano pescatori e pescatrici che lottano ogni giorno per sostenersi e per non non buttare nel dimenticatoio l’arte della pesca artigianale. E lottano veramente, non solo con le parole. In questi anni pescadores e pescadoras de açudes si sono resi conto che la loro professione è degna di diritti e di politiche, si sono organizzati e poco a poco sono usciti dalla invisibilità professionale e dalla scarsità di regolamenti burocratici che gli caratterizzava.
Le pescatrici oggi hanno autostima e sono consapevoli che il benestare delle loro famiglie dipende anche da loro. Non hanno più il timore di lasciare la propria casa per partecipare ad attività che le fanno stare bene, hanno insegnato ai mariti e alla prole a badare a se stessi per qualche giorno. I pescatori hanno affrontato l’idea che le mogli non sono di loro proprietà e che se il lavoro ancestrale della pesca artigianale ancora esiste è anche grazie alle donne.
Oggi piove nel Sertão, e questa mattina quando ho aperto la finestra ho capito subito da cosa derivasse quella emozione che ieri incombeva per le strade di Crateús. Cosa da sertanejos, da cearenses, da interior nordestino; quando piove non si parla d’altro. “Non c’è niente di più bello che vedere un açude che si riempie” mi ha detto un pescatore. E un altro appassionato di calcio aggiunge “La pioggia è il mio goal, è la mia Coppa del mondo!”.
La tenerezza che si prova nel vedere lo sguardo sollevato degli anziani, l’esultanza dei bambini che escono da scuola ballando sotto la pioggia e il brillio negli occhi di chi osserva il cielo nuvoloso non ha prezzo. Però non si può negare che l’aridità stia accecando il popolo nordestino. La siccità sertaneja è un problema ambientale che si ripercuote nell’agricoltura e nella pesca, provocando una vulnerabilità sociale che ormai si è trasformata in un problema politico. La secca ha portato miseria e esodi rurali verso i grandi centri urbani, però non è l’unica causa per cui il Ceará è il terzo stato più povero del Brasile e con un tasso di analfabetizzazione elevatissimo.
La diseguaglianza delle ricchezze, della distribuzione delle terre, la mancanza di politiche pubbliche e di prevenzione ormai fanno parte del “mito da seca”. La maggior parte degli abitanti non vede o abbassa gli occhi davanti la drammatica speculazione che potenti gruppi di imprenditori e politici portano avanti ormai da anni sfruttando il fenomeno per i propri interessi economici e politici. La popolazione nordestina non ha bisogno di acqua, ma di soluzioni che risolvano la sua mal distribuzione e che migliorino il suo utilizzo. Attraverso l’educazione infantile nelle scuole bisogna urgentemente sfatare la storia che la secca è la principale causa di povertà e miseria che incombe nel territorio, o il mito di questa continuerà ad annebbiare le future generazioni.
Ed io sono qui ormai da sei mesi, un tempo che è volato in un batter d’occhio, tra culture differenti, tra incomprensioni, tra risate e abbracci. Ci sono stati momenti dove ho assaporato la felicità ed un indimenticabile senso di libertà, e altri invece dove mi sono crogiolata nella tristezza e nella frustrazione. Ho vissuto piccole e grandi esperienze che mi accompagneranno per tutta la vita, ho imparato che la povertà non esiste fino a quando ci sarà solidarietà, che a volte una spintarella è necessaria per andare avanti con lucidità e che le ingiustizie sociali piovono troppo spesso sui più deboli.
Nel Sertão é tornata la pioggia, debole e calma, ma sempre pioggia é! E mentre scrivo queste poche righe mi rendo conto che per la società sertaneja, l’emozione della pioggia fresca che contrasta il sole soffocante è come una metafora poetica, è un figlio che torna a casa dopo anni in città, è una pescatrice che frigge il pesce appena pescato, è un agricoltore che getta i semi per coltivare un nuovo ciclo di vita, è una radio in un barzinho dell´interior do Sertão che canta cosi:
“Rios correndo
As cachoeira tão zoando
Terra moiada
Mato verde, que riqueza
E a asa branca
tarde canta, que beleza
Ai, ai, o povo alegre
Mais alegre a natureza”
Angelica Tomassini, Casco Bianco in Brasile con CISV