Razzismo. E’ la parola dell’anno. Da una parte la tifoseria del “Sei razzista!”, dall’altra un paio di cori che si alternano: o “Non sono razzista, però..” oppure – nuovo di zecca – “Sì, sono razzista se razzista vuol dire prima gli italiani”. Il personaggio dell’anno chi potrà mai essere quindi? Cristiano Ronaldo? Non proprio. Piuttosto il nostro Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. A cui qualcuno va dietro, più o meno volentieri – tipo il Movimento Cinque Stelle. E tanti altri si dichiarano dello schieramento esattamente opposto. Proprio tantissimi non devono essere, a giudicare dai sondaggi, ma comunque abbastanza da aver formato una “resistenza”.
Matteo Salvini nella Piazza Rossa di Mosca con la maglia del Milan
Qual è il problema di questa resistenza? È che non offre contenuti. Si limita a essere nemica di Salvini. E come è sempre successo, quando ci si concentra non sulle proprie proposte ma solo sull’avversario, si perdono ogni efficacia e seguito. Proprio come succede nel calcio. Salvini – anche se da tifoso del Milan non ne sarebbe contento – è la Juventus della situazione. Quella che vince ogni partita che gioca. Tutti gli altri sono le squadre che sono state forti per un periodo e non lo sono più, oppure squadre che forti non lo sono mai state ma che dimostrano, come tutte quelle cosiddette “di provincia”, di accontentarsi della comoda e ben retribuita poltrona della Serie A.
La mascotte della zebra juventina
Il problema è che in palio non c’è una partita qualsiasi. C’è in palio lo Scudetto, la Champions League e pure la Coppa del Mondo. Tradotto. C’è in palio il futuro del nostro paese. Il nostro destino in Europa. E le sorti di migliaia di persone che si stanno spostando in massa dal continente africano.
Il Ceis Genova Calcio, squadra composta esclusivamente da migranti
E quindi? Qual è la nostra mossa? Innanzitutto non farsi illusioni. Il gioco è in mano all’avversario. Un avversario che in questo momento è più forte di noi. E se ce la giochiamo a viso aperto perdiamo. Ma questo non vuol dire che dobbiamo solo chiuderci in difesa, anche perché, per quanto ci possiamo difendere bene, al massimo finisce 0-0. E se nel nostro campionato un pareggio può significare un punto guadagnato, per tutti noi italiani oggi può voler dire solo due punti persi. Significa immobilismo, qualcosa a cui in Italia siamo abituati già da troppi anni.
Ciro Immobile, bomber della Lazio e della Nazionale italiana
Nessuna illusione, dunque. Ma tre passi concreti:
- Smetterla di parlare di razzismo e razzisti. Il concetto di razza è stato smontato anche scientificamente proprio da un illustre italiano che ci ha recentemente lasciato, Luca Luigi Cavalli Sforza. Smontiamo anche quello di ‘razzismo’ e smettiamo di trattare come disumani coloro che in un modo o nell’altro scadono in quello che non è davvero razzismo, ma piuttosto discriminazione o intolleranza. Trattarli con la loro stessa moneta non è solo profondamente ingiusto ma anche pesantemente controproducente.
- Convergere sui temi che ci uniscono. “Aiutiamoli a casa loro?” Benissimo, aumentiamo i fondi e le risorse nella cooperazione internazionale e capiamo insieme come farlo. “Lotta alla Mafia?” Assolutamente d’accordo e ti dirò di più: conosco una certa associazione, Libera, che se ne occupa da tanti anni. Ecc.ecc.
- Perseverare e non perdere la pazienza. La fiducia si costruisce sul lavoro fatto insieme. E via via che otteniamo piccoli risultati, riusciremo a collaborare meglio e ad alzare il livello del nostro confronto, ad oggi lo stesso di quello tra gruppi ultrà. E quando potremo parlare meglio, apertamente, non dico tra amici ma certamente tra aventi pari dignità, potremo imparare qualcosa l’uno dall’altro e, perché no, migliorarci a vicenda.
Ivan Bogdanov, ultrà serbo noto per i fatti accaduti nel match Italia-Serbia (2010)
Questo sul breve termine. E magari anche sul medio termine. E sul lungo? Beh, sul lungo dobbiamo puntare sull’educazione. E sulla ricerca costante delle migliori forze che il nostro paese possiede. Dobbiamo insomma lavorare sulla Cantera. E setacciare costantemente i migliori giocatori e le migliori giocatrici che già si trovano a giro per l’Italia. Per creare una nuova squadra che sì avrà un obiettivo ambizioso, ma anche le risorse giuste e magari un ottimo allenatore che le metta abbastanza bene in campo da avere concrete possibilità di realizzarlo.
Pep Guardiola, allenatore del Barcellona del Tiki-Taka, e Lionel Messi, giocatore più forte nonché simbolo di quella squadra
Per ora però – davvero – non limitiamoci a difendere. E a prendere un gol dopo l’altro comunque. Iniziamo a difenderci bene. E ad essere sempre pronti a far partire il contropiede. Perché con la difesa e il contropiede tante piccole squadre hanno battuto i giganti del calcio. E hanno portato a casa importanti trofei.
Ultimo ma non meno importante, ricordiamoci che possiamo e dobbiamo sempre imparare da tutto e da tutti. Perché il calcio magari sarà solo uno sport ma, come forse si intuirà da queste parole, potrà sempre ispirarci con semplicità e con tanta genuinità a sudare su ogni singolo pallone e su ogni singolo centimetro del campo lottando per la vittoria.
Una scivolata di Rino Gattuso