La fortuna di essere europei!

Da qualche settimana rifletto sulla fortuna che ho ad essere nata in Europa e ad avere un passaporto “che apre tante porte”.

Mi è capitato di pensarci perché qualche tempo fa Pablo, avvocato delle vittime del Caso Chevron, mi ha chiesto di aiutarlo nella procedura per richiedere il visto canadese. Pablo è stato invitato insieme ad Humberto, leader indigeno Cofán, al World Social Forum 2016 che si terrà ad Agosto a Montreal, e all’udienza del Caso Chevron che si terrà a Settembre a Toronto. Il visto da richiedere era da visitante, turista, quindi semplicissimo – mi sono detta – ricordando che spesso per essere turisti non si ha nemmeno bisogno di un visto.

Manifesto del Foro Sociale Mondiale, Montreal, Canada

 

Ma investigando nel complicato labirinto di informazioni del sito canadese ho scoperto che se sei ecuadoriano devi presentare una lista interminabile di documenti, anche se vuoi solo fare il turista! Tra i requisiti più assurdi richiesti posso elencare documenti come il certificato di matrimonio, i nomi, la data di nascita e l’indirizzo di residenza di tutti i familiari del richiedente, e un’incredibile numero di garanzie finanziarie (possesso di immobili, di veicoli, l’estratto del proprio conto in banca..). Andando per punti, credo che per quanto uno stato possa essere preoccupato di un flusso di turisti saprofiti provenienti da “paesi del terzo mondo”, che vorrebbero approfittarsi degli agi di un eldorado canadese, a mio parere questi requisiti sono discriminatori, eccessivi e violano la privacy dell’individuo richiedente. Cosa importa all’Ambasciata del Canada di avere il certificato di matrimonio di un visitante? E se il visitante appartenesse, come nel caso di Humberto, ad un’altra cultura in cui non esiste l’usanza di registrare burocraticamente ogni avvenimento della vita familiare? Perché bisogna necessariamente imporre la propria visione schematica del mondo ad un’altra civiltà?

Così inizio a confrontarmi con una serie di ostacoli, tra cui il fatto che entrambi i richiedenti non avevano sul proprio conto in banca abbastanza liquidità e non possedevano beni reputati dal Canada sufficienti a sventare il rischio che i due si fermassero in Canada. Il fatto che, come abitanti della Selva, la loro vera ricchezza è tutto ciò che la natura offre loro non contava assolutamente nulla. Tantomeno il fatto che entrambi fossero stati invitati come ospiti d’onore da due rinomate organizzazioni di difesa dei diritti umani, come testimoni del Caso Chevron e in difesa dell’Amazzonia. Una logica prettamente economica aveva la meglio su qualsiasi valutazione di merito, e tutto ciò per un semplice visto turistico, per partecipare a due incontri,  con la certezza che tutte le spese dei due visitanti sarebbero state coperte dalle organizzazioni invitanti.

Mi sono trovata a riflettere sul perché non avevo mai dovuto affrontare ostacoli del genere. Per curiosità, ho scorso la lista dei paesi che non ha bisogno di un visto per viaggiare in Canada come turista e tra questi c’era l’Italia. Ho ripensato ai visti apposti sul mio passaporto: Stati Uniti, Cile, Ecuador..buffo come nella maggior parte dei paesi in cui ero stata non avevo avuto bisogno di un visto. E per quei paesi per cui ne avevo dovuto richiedere uno, non ho mai dubitato che me lo concedessero. Anzi, ricordo con stupore che in Cile, dove avevo solo il visto da studente, ricevetti una lettera in cui il governo cileno mi invitava a restare e fare domanda per il visto lavorativo.

E ricordo anche che a Santiago del Cile, nell’ ufficio visti, c’era una fila preferenziale per gli europei..Perché, mi chiedo, noi siamo trattati così bene e, per esempio, due nobili portavoce di una battaglia per la giustizia ambientale ricevono porte in faccia solo perché il loro passaporto non vale come il nostro?

Manifestanti a Londra, "We love EU"
Manifestanti a Londra, “We love EU”

Recentemente una mia amica ecuadoriana è stata ammessa a un Master in Spagna. “E’ fatta!”, le ho detto felice quando ho saputo la notizia: il suo sogno che si realizzava..“Ora c’è l’ostacolo più grande..”, mi ha ricordato lei, “mi devono concedere il visto!”. Davanti alla sua rassegnazione mi sono sentita in difficoltà: al ritorno dal mio anno di servizio inizierò un percorso in Olanda, e ho dovuto pensare a casa, viaggio, queste cose semplici, insomma..Ma non mi è mai venuto in mente che l’Olanda avrebbe potuto non accettarmi per la mia nazionalità. E forse proprio in questo momento così delicato per l’Europa una tale riflessione mi ha turbato molto. Ci siamo lamentati tanto delle imposizioni economiche, le politiche troppo orientate al predominio del libero mercato, l’austerità finanziaria dell’Unione Europea, ma forse è anche ora di riconoscerle qualche merito..

Manifestanti a Londra, "EUnity"
Manifestanti a Londra, “EUnity”

Qualche settimana fa i cittadini inglesi hanno votato a favore dell’uscita del Regno Unito dall’UE, facendo del tanto discusso “Brexit” una realtà alla quale nessuno era preparato. E pochi giorni dopo nelle strade di Londra folle di manifestanti si sono riversate nelle piazze con striscioni che recitavano frasi come “We love EU”. Ed è proprio così, dobbiamo credere nell’Europa, nonostante tutte le sue imperfezioni e criticità. Ma dobbiamo crederci perché UE vuol dire porte aperte, vuol dire poter studiare, lavorare, viaggiare, da un paese all’altro, sena il rischio che ci neghino un visto.

Manifestanti a Londra,
Manifestanti a Londra, “United we stand!”

Vorrei poter dire che UE vuol dire sentirsi cittadini europei, ma purtroppo ancora non siamo riusciti a dare un mandato democratico a questa Unione. Ma chissà che questo risvegliato amore per l’Europa non porti anche ad un’investitura democratica, dal basso..

Manifestanti a Londra, "Stronger Together"
Manifestanti a Londra, “Stronger Together”

Alla radio, qualche giorno fa, ho ascoltato dei cittadini inglesi che ora vivono in Olanda e stanno pensando a rinunciare alla propria cittadinanza inglese, per prendere quella olandese e dare “più opportunità ai propri figli”. E allora in un’era in cui il passaporto non è altro che una “chiave” che può aprire più o meno porte, o addirittura essere quasi un passepartout, e il patriottismo spesso cede al desiderio di viaggiare, di superare le barriere nazionali, per studiare, lavorare, vivere altrove, mi rendo conto della fortuna che ho ad essere nata sotto una nazionalità che viene spesso accettata e, anzi, benvenuta all’estero. Le minacce del terrorismo, le ondate di rifugiati, le crisi economiche, potranno indebolire e mettere alla prova il concetto di Unione Europea, ma finché ci saranno persone disposte a scendere nelle piazze a difenderlo, esso non morirà ma anzi crescerà nei cuori di noi giovani cresciuti insieme all’UE, che in fondo sappiamo quanto siamo fortunati..

Anna Berti Suman – UDAPT, Quito, Ecuador

Manifestanti a Londra, "Stop telling people to go home, WE ARE HOME!"
Manifestanti a Londra, “Stop telling people to go home, WE ARE HOME!”

 

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