Pechino è una città enorme, dinamica e internazionale ma allo stesso tempo gli angoli delle strade rivelano anche il lato più tradizionale e profondamente cinese della “capitale del nord”. Baracchini, risciò motorizzati, anziani che fanno ginnastica…ah! gli angoli delle strade farebbero impazzire chiunque! Per arrivare al centro nel quale lavoro incontro tutte le mattine un signore che pare cerchi di addomesticare una gallina. E’ lì fuori dal portone, le parla e le dà da mangiare. Pechino è tutto questo grande intreccio di contraddizioni e molto di più.
Il lavoro ci porta a scoprire la realtà più nel profondo, conosciamo le famiglie con i loro bambini, le loro difficoltà, talvolta lo spaesamento più totale di fronte alla disabilità che irrompe nella loro vita. Oppure incontriamo i bambini dell’orfanotrofio che hanno volti e occhi che trafiggono. Per esempio c’è la piccola J.Y. che quando entro nella sua stanza mi guarda seria con i suoi occhioni neri, e quando mi avvicino per portarla con me fa apparire sulla sua piccola bocca un timido e prezioso sorriso, unico segno che permette di intendersi.
Nel weekend ci si ferma, si riposa oppure si approfitta per scappare dall’inquinamento cittadino e ci si inoltra nei sentieri delle Western Hills pechinesi che conducono verso templi eretti all’epoca delle antiche dinastie. Anche qui, passando per i villaggi, si incontrano persone sorridenti che ti invitano a mangiare con loro e che guardano incuriosite quello che definiscono il tuo “alto” naso da straniera.
A un mese e mezzo dal mio arrivo questo è tutto quello di cui posso parlare: di una gallina addomesticata, di un sorriso e di percorsi attraverso colline che si intrecciano ai sentieri del cuore.